Mercoledì 18 Marzo 2015

Oggi un po' di sole e la temperatura non è neanche troppo fredda, ne approfitto per uscire in pausa pranzo in bici, con il gruppo delle 12, visto che il weekend le previsioni danno pioggia, appena si può devo mettere km e km sulle gambe.
Questa sera, in pista, ancora ripetute sui mille.

Invece ieri sera ho fatto un buon progressivo in zona industriale, partendo dal primo mille a 4':30" a scendere fino a 3':45" al km, qui il dettaglio : Garmin Connect




Da Albanesi "Integratori" 2 parte:
Aminoacidi ramificati e sport
Di aminoacidi ramificati si parla spesso quali integratori da assumere per migliorare la performance sportiva, molte volte però l’argomento viene trattato con una certa superficialità; cerchiamo quindi di analizzare la questione in modo più approfondito.aminoacidi ramificati

Com’è noto, gli aminoacidi sono i “mattoni” che costituiscono leproteine, essenziali per la struttura muscolare. I vari cibi contengono gli aminoacidi in proporzione variabile; con una dieta equilibrata si suppone che l’atleta assuma la quota proteica corretta e, conseguentemente, tutti gli aminoacidi di cui ha bisogno. Rispetto al sedentario, l’atleta ha però non solo un fabbisogno accresciuto, ma anche diversificato. In particolare, ha bisogno di aminoacidi a catena ramificata, questo perché i tre aminoacidi in questione risultano essere, come già accennato nel paragrafo precedente, particolarmente importanti per i processi relativi alla sintesi proteica e sono coinvolti in quello grazie al quale si ottiene energia dalle proteine.

Sintetizzando i risultati di molte ricerche si può affermare che se l’attività fisica non è continua e sufficientemente prolungata nel tempo (almeno 50 minuti) non c’è alcuna necessità di un’integrazione con aminoacidi ramificati per recuperare lo sforzo. Se, per esempio, facciamo riferimento a una delle attività di endurance più praticate, ovvero la corsa di resistenza, si scopre che, se la percentuale proteica della propria alimentazione non è “mediterranea“, ma “italiana” o “a zona“, l’integrazione con aminoacidi ramificati non è giustificata per chilometraggi inferiori ai 20 km.
Basta considerare il fatto che 10 g di aminoacidi ramificati sono contenuti in 250 g di carne di pollo per capire che l’alimentazione ne fornisce una quantità sufficiente per tutti quei runner che mangiano bene (leggasi con una percentuale sufficiente di proteine) e non sono maratoneti. Nelle sedute in cui si superano i 18-20 km (senza riscaldamento) si possono assumere aminoacidi ramificati. In genere si consiglia l’assunzione di 1 g di aminoacidi ramificati ogni 10 kg di peso corporeo. Alcuni autori arrivano anche a 3 g/10 kg di peso, con la giustificazione di aggiungere 1 g per ogni 10 km sopra i 20 km (40 km -> 3 g per ogni 10 g di peso corporeo).
Quanto sopra fa riferimento alla corsa di resistenza, ma i concetti espressi sono applicabili anche agli altri sport di endurance.
Se possono essere importanti nella fase di recupero, gli aminoacidi (ramificati o no che siano) non hanno nessuna particolare importanza nel miglioramento della prestazione (vedasi più avanti il paragrafo Aminoacidi ramificati e prestazione). Purtroppo molti atleti abusano degli aminoacidi ramificati nella convinzione che “male non fanno”. In realtà non è così poiché alte dosi di aminoacidi possono alzare notevolmente l’azotemia con conseguente sovraccarico renale.

Aminoacidi e muscoli


La pratica di usare aminoacidi e integrazione proteica per migliorare le capacità anaboliche dell’organismo arriva soprattutto dal mondo delbody building secondo il banale principio: più proteine diamo più muscoli avremo. In realtà, le cose non sono così semplici. Esistono, infatti, tre fattori limitanti questa idea:

a) l’anabolismo si crea in seguito a uno stimolo, sia esso uno sforzo massimale oppure l’assunzione di sostanze (testosterone, insulina, ormone della crescita) che favoriscono l’anabolismo e che impiegano le proteine ingerite. Tralasciando la seconda possibilità (ricordiamo che l’assunzione di ormoni rientra fra le pratiche dopanti), la prima non può riguardare atleti di sport non di potenza. Infatti, in molti sport un potenziamento da body builder sarebbe del tutto controindicato.

b) Anche per i body builder l’assunzione proteica non consente di andare oltre un certo livello di massa muscolare, ovvero, detto in altri termini, l’anabolismo ha un limite ben definito.

Una volta raggiunto il massimo, non è necessaria nessuna integrazione proteica addizionale. Il risultato più eclatante fu mostrato dalla ricerca di Tarnopolski del 1988. Raccogliendo l’azoto espulso con le urine, le feci e il sudore è possibile calcolare l’equilibrio del bilancio proteico; la ricerca prese in esame tre gruppi, sedentari, body builder e atleti di fondo. Il risultato fu che per i body builder, l’integrazione corretta per mantenere l’equilibrio doveva essere di 1,2 g per kg di peso, mentre per gli atleti di fondo 1,6 g. È chiaro che questi risultati possono spiegare come in molti body builder non sia l’assunzione proteica a incrementare la massa magra quanto l’assunzione di sostanze anabolizzanti(naturali o meno) che stimolano un’anomala sintesi proteica. Il motivo per cui un body builder in condizioni normali (senza agenti anabolizzanti) ha un fabbisogno proteico inferiore a un runner di livello elevato si spiega ricordando cheil catabolismo proteico entra in gioco solo quando lo sforzo è sufficientemente prolungato. Se il gesto atletico è limitato nel tempo (gli allenamenti di molti body builder non vanno al di là della mezz’ora effettiva di sforzo attivo, causa gli ampi recuperi fra un esercizio e l’altro) può essere anche intenso, ma la quantità di proteine catabolizzate resta bassa.

c) L’assunzione di aminoacidi (arginina, lisina, ornitina, glutammina, tirosina e altri) non aumenta i livelli di ormone della crescita, né la potenza aerobica, né la prestazione in attività massimali. Non variano neppure le concentrazioni di testosterone o cortisolo. È vero che esistono studi che asseriscono che aminoacidi come l’arginina, la lisina, la glutammina, la glicina e l’ornitina incrementano i livelli ormone della crescita. La presenza in letteratura di dati discordanti può spiegarsi col fatto che gli studi positivi sono stati tutti svolti non su campioni della popolazione, ma su ristretti gruppi di soggetti in clinica, cioè su soggetti malati e/o anziani. I risultati positivi riguardavano la somministrazione di un aminoacido e in genere il livello di HGH aumentava di un fattore da tre a dieci.

A prescindere dal fatto che alcuni aminoacidi sono antagonisti (come la coppia arginina e lisina), se questi risultati fossero veri, somministrando 5 g di arginina, 2 g di lisina, 5 g di ornitina, 2 di glutammina e 6 g di glicina, il livello di HGH dovrebbe aumentare di oltre 100 volte! Ovviamente non è così e la spiegazione è semplice: certi risultati clinici si raggiungono in condizioni di estrema carenza (per esempio operando su pazienti sedentari e anziani); l’organismo ha sempre livelli di controllo: finché questi livelli non vengono raggiunti l’integrazione funziona, poi viene annullata (per esempio semplicemente ignorando il messaggio che arriva dalla sostanza).

Le varie ricerche sono state riprese dai produttori di integratori in modo molto ottimistico, promuovendo cioè una verità che però non è valida per tutti, ma soltanto per soggetti non sani.

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